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BOWES - BAZAN

Doppia personale di David Bowes e Alessandro Bazan

10 ottobre - 7 novembre 2009


Viaggiando ad ovest con Alessandro

Sono un artista americano nato a Boston. Ho visitato l’Italia per la prima volta nel 1983 ed ho passato la primavera e l’estate a Roma, a dipingere. Negli anni seguenti ho  viaggiato a lungo, lavorando ed esponendo in molte città italiane.
Ho avuto il piacere di incontrare Alessandro Bazan l’anno scorso a Palermo, in occasione di una collaborazione per un progetto didattico.
Naturalmente conoscevo il suo lavoro.
Una pittura libera e viva che descrive con partecipazione la  gioia ed il pathos dei giovani che vivono nelle città. Prevalentemente a  Palermo ma anche a New York o in qualche altra città senza nome. Sono stato intrigato  dalla  sua ferma  visione della vita moderna. Piena di sentimento ma lucidamente obiettiva.
Un profondo amore per il jazz, soggetto di numerosi splendidi lavori, si può osservare anche nel suo approccio musicale alla pittura e nel gesto fisico del dipingere.
Andare a trovare Alessandro è una sorprendente rivelazione. La musica  riempie lo studio, lui si muove chiacchierando a ruota libera mentre parti significative e nuovi elementi spontaneamente appaiono come per magia sulla tela.
Un fiore, un paio di sandali smessi sono come note accentate. Poi appare una figura che sviluppa personalità ed espressione come il commuovente assolo di un abile musicista. E’ questo vivere la musica che mi attrae in modo così forte nel suo lavoro: il suo modo fermo di impossessarsi  delle nostre vite quotidiane, il suo onesto resoconto.
L’immaginazione di Bazan lo porta verso ovest, verso l’America, a scoprire ricchi temi per nuove invenzioni, guidandomi a vedere il mio Paese in una nuova luce. E questo mi ha fatto pensare che i nostri quadri potessero funzionare insieme. Una sorta di contrappunto mentre passiamo l’uno accanto all’altro nel nostro lavoro.
Io  viaggiando verso est con gli occhi della mente, verso l’Italia o l’Asia  o magari verso un altro tempo.
Lui viaggiando verso l’America, vivendo in grande, a suo agio nel mondo di oggi.
Curiosamente, per questa esposizione ci siamo scambiati alcuni modi di lavorare, ciascuno pensando all’altro mentre ognuno proseguiva per la sua strada.
Io pensando un po’ di più alle cose di tutti i giorni e accantonando il bagaglio di cose dei tempi andati.
Lui sbarcando dalla macchina del tempo nella terra dei sogni, da qualche parte nel selvaggio ovest.

David Bowes


...che ore sono? E dove mi trovo? Qualche volta rimani proprio sbalestrato con tutti questi voli aerei e tutta questa gente da ricordare!
E le immagini! Quelle riaffiorano in continuazione divenendo sempre più pregnanti, però è singolare che allo stesso tempo cambino forma e sostanza, come quei film che pur essendo tra i nostri preferiti si fa fatica a ricordare. Un momento prima, siedo nel mio giardino e osservo Boris allertato dalla presenza invadente di un coniglio selvatico che da un po' di giorni vuole impadronirsi del suo spazio. Subito dopo mi ritrovo in una piazza di Torino ad aspettare quella ragazza gentile con la quale da un po' di tempo gioco a biliardo in un piccolo bar del centro. E così, qualche istante dopo, siedo in una piattaforma di legno galleggiante nel centro di Manhattan a parlare con Mike, che non vedevo da un anno. Mi dice che le gallerie ormai cercano solo i ragazzini di Williamsburg di primo pelo, e che tutti quelli che conoscevamo sono andati via da qualche altra parte, me compreso.
Non so se avete visto quel film di Orson Welles, il Don Chisciotte, nel quale le riprese vengono girate a cavallo fra due contesti, il teatro e gli esterni così che lo spettatore perde l'orientamento fino ad avere la sensazione di trovarsi in qualcosa di reale. Ci mise quattordici anni a girarlo e non lo finì mai, non è mai stato possibile un montaggio definitivo perché l'enorme serie di rullini da lui girati doveva essere montata secondo un codice che solo lui conosceva, chissà se è vero. Tutte quelle riprese in qualunque modo le si monti mi dicono sempre qualcosa anche se mi sfugge il significato. Una volta un critico ha detto questo dei miei quadri, "bisogna
guardarli a lungo per scoprire che il mistero in essi contenuto è destinato a rimanere tale...", mah, valli a capire i critici. Io ci metto solo la mia vita, niente di più.
Una volta al CB GB's nel '77 guardavo i Ramones che si sbattevano nel palco suonando i loro pezzi brevissimi e un po' demenziali, ed io pensavo, "ehi, è tutto vero! Quello che dicono è vero!". Allora ero molto giovane, ancora adesso lo sono, solo che adesso conosco molti più posti e persone, ma quando dipingo un quadro faccio come allora, mi metto davanti alla tela e cerco di ricordare tutti i posti e le persone che ho incontrato, tutti gli animali e la natura che ho guardato, tutte le ragazze che ho conosciuto.
Tutti i cieli che ho avuto sopra la testa, anche il cielo è sempre diverso a seconda di dove sei, e ogni volta devo imparare a dipingere il cielo del posto dove mi trovo, tra i più incredibili mi ricordo il cielo di Helsinki e quello di Palermo. In quella città ci ho passato più di sei mesi e, di tanto in tanto, mi piace ritornarci per ritrovare gli amici, tanti a dire il vero, con loro ho trascorso un periodo intenso e surreale, come la città. Tra loro, Alessandro un pittore con il quale è nato qualcosa di familiare e pieno di gioia, come dico sempre quando una cosa mi piace.
Adesso devo proprio lasciarvi, hanno appena chiamato il mio volo ed ho solo il tempo per fumare una sigaretta, una delle mie che in Italia non si trovano. Però mi piace sapere di non trovare qualcosa nel posto dove sto andando, o addirittura mi piace moltissimo il non sapere cosa troverò e cosa ancora dovrò imparare a dipingere.

Alessandro Bazan
 
 

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